Pier Paolo Pasolini nell’Università di Vincennes, Parigi, 1970 © Alain Loison/SIPA/Getty Images/Tutti i diritti riservati
Le interviste rilasciate da Pier Paolo Pasolini
“[…] Io sono uno di quelli che non amano, anzi, per dir meglio, detestano di essere intervistati; non mi rifiuto come dovrei di ‘concedere’ interviste: ma per pura debolezza, perché non so dir di no, perché penso che forse è utile, perché penso sia utile all’intervistatore ecc… Chi arriva ad essere intervistato non è più un uomo normale: egli è un dissociato oggettivamente e soggettivamente, e propriamente parlando, schizoide. Egli è ridicolo...un uomo ‘arrivato’ perde molto della sua dignità. La figura ‘pubblica’ che si sovrappone alla sua figura privata richiede delle cure particolari, che sono sempre degradanti. Ora io ho sempre cercato di ignorare di essere anche una figura pubblica, con i suoi doveri. Mi sono sempre comportato il più male possibile, cioè come io volevo. E’ stato più forte di me: una specie di orrenda autorità, che mi si attribuisce, anche se, appunto, controversa m’investe di colpo e si è impadronita della mia vita: e me ne accorgo, con disgusto, soprattutto quando sono intervistato: cioè interrogato come un prete; non senza un profondo disprezzo, forse inconscio, da parte di chi mi intervista. In questo rapporto orale tra me e l’intervistatore succede qualcosa di mostruoso: cioè le opinioni che io esprimo, che sono opinioni come le altre, si pongono aprioristicamente e artificialmente su un piano più elevato, diventano “campioni”.
[…] (Io sono stato dichiarato “pubblico peccatore”.) Ora non c’è niente di più misero che le proprie faccende. L’intervista getta una luce atroce su queste miserie, che l’intervistato cerca disperatamente di nascondere, o che ha la debolezza di rendere di comune dominio- o che, in ogni caso, ne soffre, miseramente frustrato. […] Alcune cose si vivono soltanto; o, se si dicono, si dicono in poesia. Solo un santo potrebbe resistere ad un’intervista: ma i santi o non vengono intervistati o non vogliono.
Pier Paolo Pasolini. Da “Il sogno del centauro. Incontro con Jean Duflot" (1969-1975)” - Prefazione dell’intervistato (da leggersi assolutamente), Editori Riuniti, 1982.