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Immagine del redattoreCittà Pasolini

16 giugno 1968 viene pubblicato "Il PCI ai giovani" di Pier Paolo Pasolini


Pier Paolo Pasolini, 1965 © Archivio Palma/Riproduzione riservata [Immagine della copertina del libro Il Caos, Garzanti]

Mi dispiace. La polemica contro

il Pci andava fatta nella prima metà

del decennio passato. Siete in ritardo, cari.

Non ha nessuna importanza se allora non eravate ancora nati:

peggio per voi.


Adesso i giornalisti di tutto il mondo (compresi

quelli delle televisioni)

vi leccano (come ancora si dice nel linguaggio

goliardico) il culo. Io no, cari.


Avete facce di figli di papà.

Vi odio come odio i vostri papà.

Buona razza non mente.

Avete lo stesso occhio cattivo.

Siete pavidi, incerti, disperati

(benissimo!) ma sapete anche come essere

prepotenti, ricattatori, sicuri e sfacciati:

prerogative piccolo-borghesi, cari.


Quando ieri a Valle Giulia avete fatto a botte

coi poliziotti,

io simpatizzavo coi poliziotti.

Perché i poliziotti sono figli di poveri.

Vengono da subtopie, contadine o urbane che siano.

Quanto a me, conosco assai bene

il loro modo di esser stati bambini e ragazzi,

le preziose mille lire, il padre rimasto ragazzo anche lui,

a causa della miseria, che non dà autorità.


La madre incallita come un facchino, o tenera

per qualche malattia, come un uccellino;

i tanti fratelli; la casupola

tra gli orti con la salvia rossa (in terreni

altrui, lottizzati); i bassi

sulle cloache; o gli appartamenti nei grandi

caseggiati popolari, ecc. ecc.


E poi, guardateli come li vestono: come pagliacci,

con quella stoffa ruvida, che puzza di rancio

furerie e popolo. Peggio di tutto, naturalmente,

è lo stato psicologico cui sono ridotti

(per una quarantina di mille lire al mese):

senza più sorriso,

senza più amicizia col mondo,

separati,

esclusi (in un tipo d’esclusione che non ha uguali);

umiliati dalla perdita della qualità di uomini

per quella di poliziotti (l’essere odiati fa odiare).


Hanno vent’anni, la vostra età, cari e care.

Siamo ovviamente d’accordo contro l’istituzione della polizia.

Ma prendetevela contro la Magistratura, e vedrete!

I ragazzi poliziotti

che voi per sacro teppismo (di eletta tradizione

risorgimentale)

di figli di papà, avete bastonato,

appartengono all’altra classe sociale.


A Valle Giulia, ieri, si è così avuto un frammento

di lotta di classe: e voi, cari (benché dalla parte

della ragione) eravate i ricchi,

mentre i poliziotti (che erano dalla parte

del torto) erano i poveri. Bella vittoria, dunque,

la vostra! In questi casi,

ai poliziotti si danno i fiori, cari. Stampa e Corriere della Sera, News- week e Monde

vi leccano il culo. Siete i loro figli,

la loro speranza, il loro futuro: se vi rimproverano

non si preparano certo a una lotta di classe

contro di voi! Se mai,

si tratta di una lotta intestina.


Per chi, intellettuale o operaio,

è fuori da questa vostra lotta, è molto divertente la idea

che un giovane borghese riempia di botte un vecchio

borghese, e che un vecchio borghese mandi in galera

un giovane borghese. Blandamente

i tempi di Hitler ritornano: la borghesia

ama punirsi con le sue proprie mani.

Chiedo perdono a quei mille o duemila giovani miei fratelli

che operano a Trento o a Torino,

a Pavia o a Pisa, /a Firenze e un po’ anche a Roma,

ma devo dire: il movimento studentesco (?)

non frequenta i vangeli la cui lettura

i suoi adulatori di mezza età gli attribuiscono

per sentirsi giovani e crearsi verginità ricattatrici;

una sola cosa gli studenti realmente conoscono:

il moralismo del padre magistrato o professionista,

il teppismo conformista del fratello maggiore

(naturalmente avviato per la strada del padre),

l’odio per la cultura che ha la loro madre, di origini

contadine anche se già lontane.


Questo, cari figli, sapete.

E lo applicate attraverso due inderogabili sentimenti:

la coscienza dei vostri diritti (si sa, la democrazia

prende in considerazione solo voi) e l’aspirazione

al potere.


Sì, i vostri orribili slogan vertono sempre

sulla presa di potere.

Leggo nelle vostre barbe ambizioni impotenti,

nei vostri pallori snobismi disperati,

nei vostri occhi sfuggenti dissociazioni sessuali,

nella troppa salute prepotenza, nella poca salute disprezzo

(solo per quei pochi di voi che vengono dalla borghesia

infima, o da qualche famiglia operaia

questi difetti hanno qualche nobiltà:

conosci te stesso e la scuola di Barbiana!)

Riformisti!

Reificatori!

Occupate le università

ma dite che la stessa idea venga

a dei giovani operai.


E allora: Corriere della Sera e Stampa, Newsweek e Monde

avranno tanta sollecitudine

nel cercar di comprendere i loro problemi?

La polizia si limiterà a prendere un po’ di botte

dentro una fabbrica occupata?

Ma, soprattutto, come potrebbe concedersi

un giovane operaio di occupare una fabbrica

senza morire di fame dopo tre giorni?

e andate a occupare le università, cari figli,

ma date metà dei vostri emolumenti paterni sia pur scarsi

a dei giovani operai perché possano occupare,

insieme a voi, le loro fabbriche. Mi dispiace.


È un suggerimento banale;

e ricattatorio. Ma soprattutto inutile:

perché voi siete borghesi

e quindi anticomunisti. Gli operai, loro,

sono rimasti al 1950 e più indietro.

Un’idea archeologica come quella della Resistenza

(che andava contestata venti anni fa,

e peggio per voi se non eravate ancora nati)

alligna ancora nei petti popolari, in periferia.

Sarà che gli operai non parlano né il francese né l’inglese,

e solo qualcuno, poveretto, la sera, in cellula,

si è dato da fare per imparare un po’ di russo.

Smettetela di pensare ai vostri diritti,

smettetela di chiedere il potere.


Un borghese redento deve rinunciare a tutti i suoi diritti,

a bandire dalla sua anima, una volta per sempre,

l’idea del potere.

Se il Gran Lama sa di essere il Gran Lama

vuol dire che non è il Gran Lama (Artaud):

quindi, i Maestri

- che sapranno sempre di essere Maestri -

non saranno mai Maestri: né Gui né voi

riuscirete mai a fare dei Maestri.


I Maestri si fanno occupando le Fabbriche

non le università: i vostri adulatori (anche Comunisti)

non vi dicono la banale verità: che siete una nuova

specie idealista di qualunquisti: come i vostri padri,

come i vostri padri, ancora, cari! Ecco,

gli Americani, vostri odorabili coetanei,

coi loro sciocchi fiori, si stanno inventando,

loro, un nuovo linguaggio rivoluzionario!

Se lo inventano giorno per giorno!

Ma voi non potete farlo perché in Europa ce n’è già uno:

potreste ignorarlo?

Sì, voi volete ignorarlo (con grande soddisfazione

del Times e del Tempo).

Lo ignorate andando, con moralismo provinciale,

“più a sinistra”.


Strano,

abbandonando il linguaggio rivoluzionario

del povero, vecchio, togliattiano, ufficiale

Partito Comunista,

ne avete adottato una variante ereticale

ma sulla base del più basso idioma referenziale

dei sociologi senza ideologia.


Così parlando,

chiedete tutto a parole,

mentre, coi fatti, chiedete solo ciò

a cui avete diritto (da bravi figli borghesi):

una serie di improrogabili riforme

l’applicazione di nuovi metodi pedagogici

e il rinnovamento di un organismo statale. I Bravi! Santi sentimenti!

Che la buona stella della borghesia vi assista!

Inebriati dalla vittoria contro i giovanotti

della polizia costretti dalla povertà a essere servi,

e ubriacati dell’interesse dell’opinione pubblica

borghese (con cui voi vi comportate come donne

non innamorate, che ignorano e maltrattano

lo spasimante ricco)

mettete da parte l’unico strumento davvero pericoloso

per combattere contro i vostri padri:

ossia il comunismo.


Spero che l’abbiate capito

che fare del puritanesimo

è un modo per impedirsi

la noia di un’azione rivoluzionaria vera.

Ma andate, piuttosto, pazzi, ad assalire Federazioni!

Andate a invadere Cellule!

andate ad occupare gli usci

del Comitato Centrale: Andate, andate

ad accamparvi in Via delle Botteghe Oscure!

Se volete il potere, impadronitevi, almeno, del potere

di un Partito che è tuttavia all’opposizione

(anche se malconcio, per la presenza di signori

in modesto doppiopetto, bocciofili, amanti della litote,

borghesi coetanei dei vostri schifosi papà)

ed ha come obiettivo teorico la distruzione del Potere.

Che esso si decide a distruggere, intanto,

ciò che un borghese ha in sé,

dubito molto, anche col vostro apporto,

se, come dicevo, buona razza non mente...


Ad ogni modo: il Pci ai giovani, ostia!

Ma, ahi, cosa vi sto suggerendo? Cosa vi sto

consigliando? A cosa vi sto sospingendo?

Mi pento, mi pento!

Ho perso la strada che porta al minor male,

che Dio mi maledica. Non ascoltatemi.

Ahi, ahi, ahi,

ricattato ricattatore,

davo fiato alle trombe del buon senso.

Ma, mi son fermato in tempo,

salvando insieme,

il dualismo fanatico e l’ambiguità...

Ma son giunto sull’orlo della vergogna.


Oh Dio! che debba prendere in considerazione

l’eventualità di fare al vostro fianco la Guerra Civile

accantonando la mia vecchia idea di Rivoluzione?.


Pier Paolo Pasolini. Il PCI ai giovani! ovvero Vi odio cari studenti in L'Espresso nº24 16 giugno 1968
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