Pier Paolo Pasolini nel Filminstitutet di Stoccolma il 29 ottobre 1975 © Jan. E Carlsson/AFP/Tutti i diritti riservati. Questo scatto fa parte della mostra Pier Paolo Pasolini. Sotto gli occhi del mondo a Villa Manin.
Nel aeroporto di Stoccolma Arlanda parte un volo per Parigi-Le Bourget, è il 31 ottobre del 1975 e alle 8.55 decolla l'aereo che porta Pier Paolo Pasolini a Parigi Orly. Il film Salò o le 120 giornate di Sodoma, coproduzione Italia-Francia, è in fase di doppiaggio per la versione francese. Insieme a Jean-Claude Biette, Pasolini controlla anche i sottotitoli e porta a termine il film, che si proietterà per la prima volta proprio nel Palais de Chaillot a Parigi, all'interno del Festival del Cinema.
Prima di tornare in Italia, Pasolini incontra il giornalista Philippe Bouvard che, dal 13 settembre conduce il programma Dix de der nella Antenne 2. È proprio da questa celebre intervista che ricordiamo le parole di Pasolini: Io penso che scandalizzare sia un diritto, essere scandalizzati un piacere. Sarà questa l'ultima volta che vedremo il poeta dal vivo, un' intervista televisiva che andò in onda il giorno Pasolini era seppellito nel Cimitero di Casarsa.
Seduto, con gli occhiali oscuri, Pasolini porta una camicia a righe che purtroppo conosciamo molto bene perché è quella che indossò la notte del 1 al 2 novembre. È anche l'indumento che usò per tamponare le ferite che gli avevano inflitto i suoi assassini. Poi, porta un maglione grigio, di lana, anche quello ci è famigliare, lui lo indossa a Stoccolma per la retrospettiva dei suoi film nello Svenska Filminstitutet.
Nel video troviamo un Pasolini affrettato nel rispondere alle domande di Bouvard, non sembra per niente essere a suo agio. Contrae le labbra, sospira, offre alcune risposte criptiche, e molti silenzi eloquenti: Prova mai nostalgia dei tempi in cui la gente la insultava per strada? chiede Bouvard. Mi insultano ancora, risponde Pasolini. Di nuovo il giornalista: Cosa intende per pericoli immediati?. Pasolini prende aria e dice: L’apparire di qualche moralista che richiede di essere scandalizzato. Philippe Bouvard, così riportato nel Requiem de Barth David Schwartz, dichiarò infatti di aver trovato un Pasolini molto nervoso che dopo l'ultima parola partì in fretta per l'aeroporto di Orly, per prendere l'aereo che lo porterebbe a Roma-Fiumicino.
Quello che accade a Roma la notte che divide i santi dai morti, quella fra il 1º e 2 novembre, è ormai vox populi. Ma è anche interessante conoscere come arrivò Pasolini a quella sera, seguire i suoi passi dalla capitale svedese fino a Parigi e poi a Roma. Questo suo soggiorno svedese, per la prima volta viene accompagnato da scatti che vanno oltre al quelli più conosciuti dell'Istituto Italiano di Cultura si Stoccolma. Nomi come Jan E. Carlsson e Lütfi Özkök, che fanno parte della mostra Pier Paolo Pasolini. Sotto gli occhi del mondo (Villa Manin, 2022) e altri come quelli che firma Birsel Battal, consentono di addentrarci in quei giorni.
Pasolini arriva a Stoccolma il 27 ottobre, è lunedì. Lo aspettano una serie di eventi in diversi sedi culturali. In primo luogo l'Istituto Italiano di Cultura, attivo nella capitale svedese sin dal 1941, poi lo Svenska Filminstitutet con sede nella Casa del Cinema, Filmhuset, inaugurata nel 1970, e anche la cerchia intellettuale del Nobel nel famoso ristorante Gyldene Freden. La direttrice dell'Istituto di allora, Lucia Pallavicini, era convinta che si Pasolini si faceva vedere dall'intellettualità svedese potrebbe diventare il prossimo Nobel della Letteratura dopo Eugenio Montale.
Il protocollo ufficiale stabiliva che gli ospiti dell'Istituto si alloggiassero proprio negli appartamenti a ciò destinati nell'edificio del 14 della Gärdesgatan. Per quanto pare, Pallavicini aveva organizzato il soggiorno di Pasolini senza sapere che avrebbe portato con lui Ninetto, cosa che scoprì soltanto quando andò a prenderlo nell'aeroporto di Arlanda. Pasolini, dopo la prima notte negli appartamenti dell'Istituto, decise che sarebbero stati molto più comodi in un albergo. Il luogo scelto fu l'Hotel Diplomat, un edificio nel cuore della città, nello Strandvägen, molto vicino a Stureplan. La stanza, la 301, affacciata sulla baia di Nybroviken.
Durante questa prima giornata, Pasolini incontrò diverse personalità della cultura come la giornalista e drammaturga Ulla-Britt Edberg, che dal 1965 scriveva su argomenti culturali sul giornale Svenska Dagbladet. Durante l'incontro nell'ufficio di Lucia Pallavicini all'Istituto, la giornalista non riuscì a rompere l'impenetrabilità di Pasolini. Due giorni dopo si pubblicò nella stampa svedese un'articolo di Edberg accompagnato da una fotografia di Pasolini molto suggestiva, davanti al Diplomat. La giornalista racconta nel testo che il poeta parlava costantemente del suo desiderio di abbandonare l'Italia, Pasolini infatti affermò che gli sarebbe piaciuto andare a vivere nel Marocco. Ormai dal 1967 Pasolini parlava spesso di questo suo desiderio, per esempio quando rispose a Gideon Bachmann durante l'intervista nella casa di via Eufrate 9 con Jonas Mekas: Sono appena tornato dal Marocco, dove ho girato il mio ultimo film, e al ritorno sono stato tentato di mollare tutto, i film, la mia vita interiore, e tornare a vivere in Marocco. Lui parlò a lungo con Edberg della degenerazione antropologica dell'Italia che, come sappiamo, era uno degli argomenti affrontati nella recente rubrica nel Corriere della Sera: Roma è cambiata estremamente in peggio, diventata piccolo-borghese, meschina, impastata di inautenticità e di nevrosi. Non voglio più capirla, provo verso la città un rifiuto totale.
Nelle fotografie che accompagnano l'articolo di Edberg vediamo un Pasolini di sguardo penetrante, che si confonde con il riflesso degli occhiali, sui quali possiamo intravedere la silhouette dell’ignoto fotografo. Lo sfondo è sfocato, ma grazie ad un'altra seconda immagine, più ampia, sappiamo che si tratta dello Strandvägen. Il cappotto è in pelle scamosciata, con un grande colletto di pelliccia. Questo abito ci è famigliare, lo conosciamo da altri scatti, principalmente dalle riprese in Inghilterra del film I racconti di Canterbury nel lavoro di fotografi come il tedesco ma di origine ebraica, Alexander Agor.
Dopo questo primo incontro, Lucia Pallavicini offrì una cena al suo ospite d'onore in cui furono presenti Anna-Lena Wibom, che lavorava nello Svenska filminstitutet diretto da Harry Schein, il critico letterario e giornalista del Dagens Nyheter, Bengt Holmqvist, e il traduttore Tom Johannesson. Johannesson aveva tradotto Le ceneri di Gramsci di Pasolini per l'editrice di René Coeckelbergh Förlag, che già nel 1967 aveva edito in svedese gli scritti di Gramsci sotto il titolo En kollektiv intellektuell.
Il 28 ottobre, martedì, l’Istituto Italiano di Cultura dedicò la serata al Pasolini scrittore. Prima dell'evento Pasolini ne approfittò per pranzare con Ninetto e anche Wibom e Bengt Holmqvist, che in quei giorni si occupava quasi esclusivamente di letteratura italiana. Su quell’appuntamento, Holmqvist, avrebbe scritto il 3 novembre, all’indomani della morte di Pasolini, sul giornale Dagens Nyheter, in un articolo intitolato Pasolini mördad (“Pasolini assassinato”): Il suo fu un talento dal respiro raramente visto prima [...] Per avere un equivalente si dovrebbero immaginare Sartre, Böll e Bergman nella stessa persona.
Nell'Istituto, Pasolini poté rispondere ad alcune domande poste dal pubblico. Sebbene nel 1975 il suo percorso letterario lo avesse già condotto altrove, le domande che gli furono rivolte giravano intorno al Pasolini delle Ceneri. Ciononostante, il suo comportamento mite commosse Pallavicini: Non potevamo fare a meno di essere colpiti dalla mitezza delle sue maniere, così pazienti, così in contrasto con la violenza dei suoi film, come quello che stava finendo di doppiare. Andò tutto bene, la sua visita fu in vero successo. Soltanto con il traduttore, Arne Lundgren, traduttore tra altri di Salvatore Quasimodo, lui poté parlare del suo nuovo romanzo, Petrolio (1975). Anche nell'intervista rilasciata da Betty Skawonius, pubblicata il 31 ottobre sul Göteborgs-Posten, Pasolini colse l'occasione per tornare a Petrolio, sottolineando il carattere politico del libro: Un romanzo sulla società dei consumi, una società che finisce col vendere gli uomini e col consumare sé stessa [...] Si tratta di un romanzo molto politico.
Il giorno dopo, mercoledì 29, fu il momento del Pasolini regista. Dopo aver pranzato con Ninetto e Anna-Lena Wibom, momento in cui parlarono della scomparsa delle lucciole, in serata furono proiettati Uccellacci e uccellini (1966) ed Edipo re (1967), e una volta conclusa la proiezione Pasolini partecipò a un dibattito con il pubblico. Sembra che tutti fossero soddisfatti di come si stesse svolgendo l’incontro, ma a un certo punto Pasolini, rispondendo alle domande in merito ai suoi articoli sull'aborto, sulla scuola dell’obbligo e sulla televisione, disse con estrema naturalezza che si aspettava di essere ucciso. Tuttavia, quest’osservazione non suscitò commenti di sorta.
Il fotografo turco Bilsel Battal (Istanbul, 1936), trasferitosi in Svezia nel 1965, fu uno degli osservatori privilegiati dell’incontro di Pasolini con il pubblico allo Svenska Filminstitutet.
C’erano anche altri fotografi come Jan E. Carlsson (AFP) e Lütfi Özkök (Istanbul, 1923 – Stoccolma, 2017). Quest'ultimo ritrasse molte personalità internazionali del mondo della cultura, come Samuel Beckett, René Char e Paul Celan. Ma non solo, è l'autore delle fotografie più iconiche dell'intellettualità svedese che accompagnò Pasolini questi giorni a Stoccolma. Una delle immagini più usate dalla stampa svedese appartiene al infatti al fotografo dell’agenzia AFP Jan E. Carlsson. Questa volta Pasolini è senza occhiali, in un piano medio-corto, mentre fissa l’obiettivo. Lo sfondo è stato sfocato per mettere in evidenza il soggetto, tutta l'attenzione è su Pasolini. Nello stesso giorno viene realizzato anche il servizio di Bilsel Battal, con diverse fotografie, in una c’è Ninetto. In quelle immagini il poeta appare serio, con gli occhiali scuri. In una fotografia in primo piano lo si vede di fronte, in un’altra, in campo medio, di profilo. Sullo sfondo si intuiscono le locandine dei film di Pasolini che facevano parte della retrospettiva. Con Ninetto invece Pasolini sembra abbozzare un lieve sorriso.
Lütfi Özkök ebbe però più fortuna della fotografa svedese Ewa Rudling. Lei aveva fotografato Pasolini durante la 27º edizione del Festival di Cannes nel 1974 e voleva proprio rivederlo a Stoccolma per portargli i suoi ritratti. Racconta Rudling che quando incontrò il poeta nel festival francese, per fotografarlo, Pasolini arrivò con un completo blue, molto serio e che, secondo lei, non andava bene. Insieme si spostarono nell'Hotel Carlton, albergo in cui si ospitava Pasolini, per scegliere altri abiti. Entrambi decisero che la canottiera e i jeans erano perfetti per lo shooting di fronte al mare. Nei giorni di Stoccolma, Rudling non fece in tempo ad arrivare allo Svenska Filminstitutet. Lei era in ritardo e si sedette a Slottsbacken ad aspettare un taxi che la portasse al civico 1 della Borgvägen. Si sbrighi! grido all'autista. Ma era inverno e il pavimento era tutto gelato. Finalmente prese un altro taxi ma purtroppo non poté incontrare Pasolini, che non ebbe modo di vedere i suoi ritratti.
Una volta concluso l’incontro allo Svenska Filminstitutet, Pasolini accompagnò Wibom nei luoghi della notte svedese, tra i quali il nightclub Lido e lo Chat Noir.
Il giorno dopo, giovedì 30, al mattino, Pasolini incontrò i giornalisti, che gli rivolsero domande sul premio Nobel. Poi pranzò con Ninetto e Coeckelbergh sull’isola di Djurgården, in una taverna chiamata Lidingöbro värdshus. Il pomeriggio trascorse tra le chiacchierate sulla cultura consumistica o sull’americanizzazione dell’Europa. Poi Pasolini parlò a una sessantina di studenti di cinematografia e di storia all’Università di Stoccolma organizzata dal professore Carl-Johan Malmberg che scriveva anche per il giornale Svenska Dagbladet. La registrazione sonora è rimasta nel cassetto fino al 2011, momento in cui vide la luce in una pubblicazione sull'Espresso.
Le domande a Pasolini riguardano soprattutto il suo lavoro cinematografico, dall'ultimo film Salò fino ad aspetti tecnici delle prime opere come Accattone (1961) o Mamma Roma (1962). Alla domanda sul suo avvenire, Pasolini risponde che avrebbe fatto un paio di film e poi sarebbe tornato nella letteratura. Gli chiesero di essere Tiresia, di fare una profezia. Ma Pasolini si rifiutò, preferì essere Cassandra. Raccontò di aver domandato ad altri ragazzi svedesi se erano più vicini alla civiltà umanistica oppure a quella tecnologica: Mi pare che loro abbiano risposto, piuttosto tristemente, che si sentono la prima generazione di una trentina di generazioni diverse da quello che è stato fino adesso. E per concludere. Tutto quello che ho detto, l’ho detto a titolo personale. Se voi parlerete con altri italiani vi diranno: “Quel pazzo di Pasolini”.
Questo stesso giorno il fotografo Özkök viene a sapere che Pasolini è in città. Subito chiamò Nils Artur Lundkvist, poeta e membro illustra dell'Accademia di Svezia. L'intellettuale svedese, molto irritato perché nessuno gli aveva detto che Pasolini fosse a Stoccolma, fece alcune chiamate e finalmente fissò un appuntamento fra il fotografo e il poeta al Filminstitutet. Quando Özkök arrivò, l'atrio era gremito di persone. Tutti volevano parlare con Pasolini. Quando finalmente giunse la sua occasione, loro si spostarono al ristorante e il fotografo lo sistemò vicino a una finestra: Non parlammo molto, aveva fretta. Lo ringraziai per la sua gentilezza. “Buon viaggio”. Sorrise fugacemente [...] Ho ancora la sua immagine impressa nella memoria: i suoi occhi castani, luminosi, lo sguardo penetrante e il suo sorriso imperscrutabile.
La sera, l’associazione svedese dei critici cinematografici Svenska Filmkritikerförbundet accolse Pasolini nello storico ristorante Gyldene Freden in Österlånggatan 51. Nel corso dei secoli, il Freden era stato un tradizionale luogo d’incontro per scrittori, pittori e intellettuali svedesi. L’edificio in cui si trova è ora protetto dall’Accademia di Svezia. A Pasolini fu offerta una cena, e Johannesson avrebbe poi dichiarato che il poeta era fortemente amareggiato a causa del mutamento politico e antropologico dell’Italia, nonché a causa delle frequenti minacce che riceveva. Il giornalista amalfitano, dedicato esclusivamente al giornalismo come corrispondente dall'area nordica, Angelo Tajani, presente con sua moglie alla cena, raccontò come la serata non si presentasse caratterizzata dalla loquacità. Pasolini era pensieroso e non partecipava alla discussione che l’editore aveva iniziato. Johannesson si lamentantava del disinteresse che aveva suscitato negli ambienti culturali europei il progetto di una sua lussuosa edizione in due tomi e quattro lingue, tra cui l’italiano, del Il Libro degli uccelli di Olof Rudbeck, il giovane rimasto ignoto per quasi due secoli. A certo punto Pasolini disse: Ho tanta paura!, ma non volle rispondere alle molteplici domande dalle persone che erano presenti: Di cosa hai paura Pier Paolo?. Ma lui si affrettò a sdrammatizzare: Io… paura? Io non ho paura di nulla!
Dopocena, Pasolini tornò al Diplomat. Con Johannesson parlò delle Ceneri di Gramsci e della sua letteratura. Dopo averlo ringraziato per essergli stato vicino come traduttore e per la squisita compagnia, gli regalò un volume di poesie con una dedica, la quale fu soltanto mostrata da Johannesson a Giuseppe Zigaina nell'Ottobre 1986, quando il traduttore svedese fece di interlocutore in una conferenza su Pasolini.
A Tom, mio traduttore in ore, squisito, ma perciò non meno vulnerabile: omaggio alla sua salda eleganza mimetica, da
Pier Paolo Pasolini
Stockholm - albergo Diplomat - una notte stranamente tiepida (di diciotto anni dopo), con le spalle al mare - con a destra l’Istituto e l’Istitutet [sic] - con a sinistra la vecchia stam, fredda - con nella cornea gli accademici al Ristorante - con nelle orecchie i fonemi di una lingua che interroga sapendo di non sapersi rispondere ... con nel cuore il filo di una vita (mia) che non mi interessa più. 30 ottobre 1975
Anni dopo, Johannesson raccontò anche al direttore dell'Istituto Italiano di Cultura di Copenaghen di allora, Mario Nati, che Pasolini rivelava, in quei giorni a Stoccolma, una forte amarezza, per la situazione italiana e per le minacce ricevute, per la presaga paura d'una tragedia imminente. Nati voleva che dopo Stoccolma Pasolini visitasse la Norvegia perché entrambi si erano conosciuti a New York nel 1969, durante l'intervento di Pasolini al Queen's College e voleva portarlo all'Istituto.
Dopo il soggiorni in Svezia e la sosta a Parigi, Pasolini partì per Roma. Nel pomeriggio del 1° novembre 1975 Pasolini rilasciò a Furio Colombo un’intervista di cui pensò anche il titolo: Siamo tutti in pericolo. Colombo chiese a Pasolini che, se davvero vedeva la vita così pericolosa, come pensava di evitare il pericolo e il rischio?. Pasolini gli chiese di lasciargli le domande perché c'erano punti che gli sembravano un po’ troppo assoluti. Voleva prendersi un po' di tempo per pensarci, rivederli. Disse a Colombo: Dammi il tempo di trovare una conclusione. Ho una cosa in mente per rispondere alla tua domanda. Per me è più facile scrivere che parlare. Ti lascio le note che aggiungo per domani mattina. Il giornalista avrebbe dovuto rivedere Pasolini il giorno dopo, ma il destino volle diversamente.
La sera, verso le 21.30 Pasolini incontrò Ninetto, la moglie e i figli al Pomidoro, nel quartiere San Lorenzo. Da qui a Termini, da Termini al Biondo Tevere, e da lì all'idroscalo di Ostia. Il giorno dopo, domenica, il corpo senza vita di Pier Paolo Pasolini era all'obitorio della polizia di Roma. Non credo che ci siano parole più eloquenti che i Versi del testamento, da Trasumanar e organizzar (1971): Il sesso è un pretesto. Per quanti siano gli incontri/ - e anche d'inverno, per le strade abbandonate al vento,/ tra le distese d'immondizia contro i palazzi lontani,/ essi sono molti – non sono che momenti della solitudine.
Silvia Martín Gutiérrez. Gli ultimi giorni di Pasolini. Stoccolma-Parigi-Roma, 26 ottobre 2022. Tratto dal saggio Stoccolma, ottobre 1975 del libro Pier Paolo Pasolini. Sotto gli occhi del mondo, Roma, Contrasto (2022), pp.192-201. Tutti i diritti riservati.
Angor, fotografo tedesco ma di origine ebraica ??????