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Immagine del redattoreCittà Pasolini

Giugno 1963, Pasolini è intervistato per la Bayerischer Rundfunk tedesca.




Giornalista: Signor Pasolini, lei ha iniziato a scrivere nel 1949, quando aveva 27 anni. Ha scritto saggi, romanzi, racconti, in seguito anche sceneggiature e infine è diventato un regista. Dopo esserti affermato come scrittore, cosa ti ha spinto a cercare un contatto con il cinema e a fare dei film?


Pasolini: Mah, veramente la mia prima opera l'ho scritta a sette anni, non a ventisette. È stata una poesia che ho scritto per mia madre a quell'età, quindi era molto più tempo che scrivevo. Il mio primo libro è stato pubblicato verso la fine della guerra. È stato scritto in un certo dialetto italiano. Più tardi, seguirono alcuni volumi di poesie e romanzi, finché finalmente il cinema catturò la mia attenzione. Il cinema è stata una mia passione silenziosa per molto tempo. Mi sono iscritto a un cineclub e ho scoperto i classici della cinematografia. Sono stati anche loro che hanno contribuito molto al mio sviluppo culturale e alla fine hanno dato l'impulso per il mio ulteriore lavoro. E fin d'allora pensavo che mi sarebbe piaciuto fare il regista. Poi la guerra, il dopoguerra hanno fatto sì che lo dimenticassi. Ma appena si è presentata l'occasione ho ripreso questa mia vecchia passione giovanile.


G: Quindi era solo il tuo desiderio di esprimerti con un mezzo diverso, o volevi allo stesso tempo dare un atto di opposizione al cinema convenzionale? Potresti dire, chi sono stati i tuoi modelli, quali registi ti hanno influenzato?


P: Non mi pare che polemizzare contro una produzione in voga sia una grande ispirazione cinematografica. Sì, naturalmente quando uno scrive o quando qualcuno fa un film, implicitamente inventando... Solo chi apre nuovi orizzonti, chi esplora nuove possibilità espressive e quindi dà una nuova direzione al gusto cinematografico imperante, ha il diritto di polemizzare contro la produzione cinematografica che è ancora oggi comune. In questo senso, vorrei citare i film di Charlie Chaplin, la Giovanna d'Arco di Dreyer e i film del regista giapponese Mizoguchi come miei modelli. Per registi giapponesi come Mizoguchi, per esempio.


G: Sia il tuo romanzo Una vita violenta, che è stato appena pubblicato in tedesco, sia il tuo film Accattone sono ambientati in un ambiente che verrebbe descritto come il sottoproletariato romano. Un critico tedesco ha scritto a proposito del libro: "Non ha descritto questo ambiente da una prospettiva a volo d'uccello, dalla pietà sociale, ma dal punto di vista dell'iniziato e del fraternizzatore". Come descriveresti e spiegheresti il tuo impegno in questo ambiente?


P: Bensì si tratta effettivamente di un grande amore. Un grande amore cioè, l'amore che si sente sempre per le cose che danno una fortissima impressione. Io sentivo questa sensazione quando ero arrivato a Roma per la prima volta dalla mia casa in Friuli. Il mondo sconosciuto che Roma rappresentava per me mi ha provocato uno shock. Qui l'amore è nato dal trauma subito. Attraverso studi e ricerche sociologiche mi sono avvicinato all'ambiente del sottoproletariato, come sarebbe meglio dire, e dovevo esprimere questa tendenza nelle mie opere.


In Inghilterra ,per esempio, posso rivolgermi ad un inglese e dirgli "immagina che i sottoproletari italiani sono quello che sono i negri del Kenya per te", con un tedesco non saprei bene a che cosa riferirmi, per parlare di una sua esperienza concreta, personale. Questi studi mi hanno portato sì che, mi hanno portato, diciamo così ad un livello di amore che poi ho espresso nei miei libri.


G: Questi studi, Pasolini, credi che questo libro e i tuoi film incontreranno fuori dall’Italia lo stesso consenso che in Italia? Probabilmente il tuo lavoro lì ha avuto molto successo.


P: Non puoi dirlo facilmente. Per quanto riguarda il film Accattone, spero che riscuota maggiore comprensione qui che in Italia.


G: Cosa farai dopo? Scriverai un libro o girerai un film? Continuerai anche a scrivere libri?


P: Ho intenzioni di realizzare entrambi in futuro. Poi voglio anche fare un film sul Vangelo di Matteo in Palestina. Si prevede che un altro film tratterà del neocolonialismo in Africa. Voglio anche scrivere un grande libro, ma non posso ancora dire nulla al riguardo.


G: Grazie per questa conversazione





Interview mit dem Regisseur Pier Paolo Pasolini, 19.06.1963. Pier Paolo Pasolini parla sulle sue prime opere letterarie e il suo passaggio al cinema. Dei suoi modelli e del suo amore per il sottoproletariato, che esprime nelle sue opere. Sulla ricezione dei suoi film fuori dall'Italia. I suoi ulteriori progetti includono l'adattamento cinematografico del Vangelo di Matteo © Archivio BR, Bayerischer Rundfunk Tutti i diritti riservati. Traduzione e trascrizione Città Pasolini.

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