Un occidentale che va in India ha tutto, ma in realtà non dà niente. L'India, invece, che non ha nulla, in realtà dà tutto
Pier Paolo Pasolini
Pier Paolo Pasolini durante le riprese del documentario Appunti per un film sull'India (1968) © Federico Zanni, Roberto Nappa/Riproduzione riservata
Il 16 gennaio 1961, Elsa Morante raggiunge Alberto Moravia e Pier Paolo Pasolini in India. Dal 31 dicembre 1960, Moravia e Pasasolini hanno cominciato il suo primo viaggio in questo Paese. L’occasione è partecipare ad un convegno per la commemorazione del centenario della nascita di Tagore che si tiene a Mumbai, un soggiorno che durerà sei settimane. Moravia sarà inviato per conto del “Corriere della sera”, Pasolini del “Il Giorno”.
Entrambi scriveranno dello stesso luogo, eppure ne risulteranno due narrazioni molto diverse, per certi versi opposte, per dirla con le parole di Walter Siti con tanto emblematico antagonismo da sembrare speculari.
Un’idea dell’India di Moravia e L’odore dell’India di Pasolini rappresentano la fotografia di uno sguardo sul mondo, un manifesto di pensiero in cui entrambi si rivolgono e incontrano l'India in modo assolutamente diverso.
Pasolini sul "Giorno" dal febbraio al marzo del 1961 e Moravia sul "Corriere" dal febbraio al luglio 1961, pubblicano le sue impressioni di un viaggio che tocca gli stessi luoghi. Il viaggio in India durò circa un mese e mezzo. L’itinerario seguì tutte le principali tappe del continente indiano: Bombay, Aurangabad, Ajanta, Ellora, Delhi, Agra, Gwalior, Orchha, Khajuraho, Varanasi, e infine Calcutta.
Di fronte all'India, Alberto Moravia, accetta una terra gigantesca, ossessionante, onnipresente, ma senza idetificarsi. Pasolini, invece, si identifica con questa terra senza mai accettarla. Moravia, guidato da un'analisi razionalistica e conoscitiva, si avvicina all'India come quel paese delle cose incredibili che si guardano tre volte stropicciandosi gli occhi e credendo di avre avuto le traveggole. Saranno i sensi a guidare Pasolini, è l'odore dell'India che gli consente di riconoscerla.
“Allora sei stato in India. Ti sei divertito? No. Ti sei annoiato? Neppure. Che ti è accaduto in India? Ho fatto un’esperienza. Quale esperienza? L’esperienza dell’India. E in che cosa consiste fare l’esperienza dell’India? Consiste nel fare l’esperienza di ciò che è l’India. E che cos’è l’India! Come faccio a dirtelo? L’India è l’India. Ma poniamo che io non sappia affatto che cos’è l’India. Dimmi tu che cos’è? Neppure io so veramente cosa sia l’India. La sento, ecco tutto. Anche tu dovresti sentirla. Cosa vuoi dire? Voglio dire che dovresti sentire l’India come si sente, al buio, la presenza di qualcuno che non si vede, che tace, eppure c’è. Non ti capisco. Dovresti sentirla, laggiù, a oriente, al di là del Mediterraneo, dell’Asia minore, dell’Arabia, della Persia, dell’Afghanistan, laggiù, tra il Mare Arabico e l’Oceano Indiano, che c’è e ti aspetta.”
Alberto Moravia
Penoso stato di eccitazione all’arrivo. La Porta dell’India. Spaccato,
naturalmente fantasmagorico, di Bombay. Una enorme folla vestita di
asciugamani. Moravia va a letto: mia esibizione di intrepidezza
nell’avventurarmi nella notte indiana.
Pasolini scrive nel suo diario di viaggio:
“Sono le prime ore della mia presenza in India, e io non so dominare la
bestia assetata chiusa dentro di me, come in una gabbia. Persuado Moravia
a fare almeno due passi fuori dall’albergo, e respirare un po’ d’aria della
prima notte indiana.”
“Si sente un canto: sono due, tre voci che cantano insieme, forti, continue,
infervorate.
Il tono, il significato, la semplicità sono quelli di un qualsiasi canto di
giovani che si può ascoltare in Italia o in Europa: ma questi sono indiani,
la melodia è indiana. Sembra la prima volta che qualcuno canti al mondo.
Per me: che sento la vita di un altro continente come un’altra vita, senza
relazioni con quella che io conosco, quasi autonoma, con altre sue leggi
interne, vergine.”
“Questa enorme folla vestita praticamente di asciugamani, spirava un
senso di miseria, di indigenza indicibile, pareva che tutti fossero appena
scampati a un terremoto, e, felici per esserne sopravvissuti, si
accontentassero dei pochi stracci”.
Pier Paolo Pasolini
Dedica di Moravia a Pasolini nel libro Un'idea dell'India
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