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Pasolini ci spiega il Vangelo, un testo del 5 luglio 1964 su Epoca.



Vi presentiamo i personaggi del film che lo scrittore-cineasta gira attualmente in Italia per tradurre in immagini il racconto di San Matteo. Già accusato di vilipendio alla religione per un’altra pellicola, il regista è ora consigliato e incoraggiato da ecclesiastici di larghe vedute, e spera di poter concorrere alla Mostra di Venezia


La confusione aumenta. Se tutto va bene, a Natale le famiglie italiane porteranno i loro bambini a vedere un film che si intitola «Il Vangelo secondo Matteo » e il cui regista è Pier Paolo Pasolini. Forse non c’è ragazzetto delle borgate romane, non c'è zelatrice di parrocchia, non c'è padre di famiglia timorata che non abbia sentito parlare di lui. Quando morì Pio XII, egli scrisse una poesia che tra l’altro diceva: «Non c’è stato peccatore più grande di te».


Ora Pasolini affronta la versione cinematografica del Vangelo: e non si tratta - come può pensare chi conosce l’autore, le sue opere e i suoi giorni - di una pellicola iconoclasta, irreligiosa, cioè di una continuazione cinematografica di un certo pensiero letterario pasoliniano. No: il «Vangelo di San Matteo» viene girato con l’assidua consulenza e la lieta adesione di personalità ecclesiastiche, alle quali l’invettiva contro Papa Pacelli non sembra aver procurato soprassalti. Uno dei suoi consiglieri religiosi, a chi gli cita quel verso, risponde dicendo che Pasolini ha scritto anche una bella poesia sulla mamma, e in nome della mamma lo assolve.


L’idea del film venne allo scrittore-regista quando andò ad Assisi per i convegni promossi da quel sant’uomo di don Rossi, con lo scopo di diffondere la devozione tra gli artisti. Con un’iniziativa che ancora oggi ricordano compiaciuti, gli organizzatori del convegno fecero trovare a Pasolini il Vangelo sul tavolino da notte. E lui, il giorno dopo, disse loro di averlo letto tutto di seguito, «come un romanzo». Così, pressappoco, si era espresso anche Adriano Celentano, alcuni mesi fa. La lettura del Vangelo, che ad altri suggeriva penitenze, a Pasolini ha dato l’idea di un film, che adesso viene girato con la speranza di finirlo in tempo per la Mostra di Venezia.





Il regista si è documentato in profondità: è stato anche in Terrasanta (accompagnato da un sacerdote), ma poi ha deciso di girare le scene nell'Italia del Sud: castelli antichi e natura incontaminata. Quanto ai personaggi, abbandonato il tentativo di affidare al poeta sovietico Evtuscenko (chissà perché) la parte di Gesù, la scelta è caduta sullo studente catalano Enrique Irazoqui, mentre altre parti sono state affidate a scrittori e loro congiunti, e anche a giovanotti dei rioni. Facce studiose, dunque, e facce neorealiste: ma queste ultime, precisa il regista, «sono state confinate tra la teppaglia », a fare i cattivi. Il San Giuseppe del film somiglia a Elsa Morante: è suo fratello, infatti.


Pasolini aveva già girato una scena religiosa, nel film ROGOPAG: rappresentava la Crocifissione, e gli aveva procurato una condanna (poi annullata in appello) per vilipendio alla religione. Gli ecclesiastici che ora lo attorniano sono festosamente certi che questo nuovo film gioverà alla fede. È ottimista anche il produttore Alfredo Bini, il quale sottolinea che solamente i film a carattere religioso hanno sinora raggiunto, in Italia, incassi superiori ai quattro miliardi. Ogni speranza è dunque lecita.



Pasolini ci spiega il Vangelo, in Epoca , XV, 719 , 5 luglio 1964, pp.88-93.
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