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Pasolini e la Calabria. Intervista con Carlo Fanelli, curatore del volume edito da Pellegrini Editore, 2024.


Pier Paolo Pasolini con Leonardo Sciascia a Capo Colonna, 1956. Fotografia del volume Pasolini e la Calabria. Atti del Convegno di Acri (24-25 marzo, 2023), Pellegrini Editore, 2024/Tutti i diritti riservati

Oggi parliamo del volume Pasolini e la Calabria. Atti del Convegno di Acri (24-25 marzo, 2023), Pellegrini Editore, 2024. Si tratta di un’opera che esplora il legame tra Pier Paolo Pasolini, una delle figure più influenti del panorama culturale italiano del XX secolo, e la Calabria. Un rapporto che è un aspetto significativo della sua carriera e della sua produzione artistica. Pasolini, figura poliedrica del Novecento italiano, ha avuto un legame particolare con questa regione del sud Italia.


Il convegno Pasolini e la Calabria (Acri, 24-25 marzo 2023) che il Comitato nazionale per le celebrazioni del centenario della nascita di Pier Paolo Pasolini (Bologna, 5 marzo 1922) ha accolto tra le svariate iniziative organizzate su tutto il territorio nazionale, con la partnership del Centro studi Pasolini di Casarsa della Delizia, della International Gramsci Society Italia e del Dipartimento di Studi Umanistici dell’Università della Calabria e dell’Istituto Calabrese per la Storia dell’Antifascismo e dell’Italia Contemporanea, con il sostegno economico del Comune di Acri, si è rivelato un significativo momento di riflessione che ha contribuito a evidenziare aspetti significativi della relazione tra Pasolini e la Calabria.


Ora, quanto presentato nei lavori delle due giornate riceve la sua restituzione in questo volume che ne raccoglie gli atti. Un libro voluto, sostenuto e finanziato dall’Istituto Calabrese per la Storia dell’Antifascismo e dell’Italia Contemporanea.

 

Parliamo con Carlo Fanelli, il curatore del libro:


Silvia M. Gutiérrez: Pasolini era profondamente interessato alla cultura e alle tradizioni popolari italiane, incluse quelle del Sud Italia. Qual è il ruolo della Calabria nel concetto Sud pasoliniano?


Carlo Fanelli: Le classi subalterne entrano nell’opera di Pasolini ancor prima delle borgate romane, nell’immediato dopoguerra i suoi componimenti aprono alla storia trascurando esperienze private, sia sul piano narrativo e tematico che su quello linguistico espressivo; l’autore lo fa utilizzando in poesia la parlata di un paese vicino a Casarsa, per uscire dall’orizzonte degli affetti e praticare una lingua che non risuona di emozioni intime. Utilizzare il dialetto a metà degli anni Quaranta significa accedere a esperienze e affetti dei parlanti, la pratica poetica che riguarda i parlanti sia in poesia che nei romanzi genera dalla scoperta della questione contadina e si sviluppa con la militanza comunista. D’altro canto, l’entusiasmo con cui Pasolini accetta l’invito a Crotone conferma che la Calabria riveste, nella sua riflessione, un interesse particolare, quasi a livello etnografico. Vale la pena di ricordare che, se nel testo sulla Calabria dell’Antologia dialettale, Pasolini fa riferimento al ruolo dei letterati antitetico a quello del popolo, qui, in questo testo poetico, che contrappone l’autore al sottoproletariato che viaggia con lui in treno, è comunque in veste di letterato che Pasolini si reca in Calabria, per recarsi alle manifestazioni di premiazione del Premio Crotone.


Pasolini tiene alla Calabria, come si rileva in una lettera a Sciascia, in cui illustra l’importanza che per lui ricopre la composizione di un testo dedicato alla Calabria. Per Pasolini la Calabria assume carattere esemplare del contesto meridionale, in quanto in essa si incontrano preistoria e storia e tale connessione rende esplosive le contraddizioni tra popolo e intellettuali. Nello sguardo Pasoliniano sulla Calabria, assumono centralità i “fatti” di Melissa che qualificano in censo cristologico i calabresi e la pregnanza della loro presenza nel panmeridionalismo pasoliniano. Quanto accaduto a Melissa decreta, per un addolorato Pasolini, il naufragio degli ideali della Resistenza.


SMG: Pasolini scelse la Calabria come location per alcuni dei suoi film, come nel Vangelo secondo Matteo (1964). Ci potresti parlare di alcuni di questi luoghi?


CF: Il film fu girato in diverse località, senza seguire una geografia precisa. L’idea poetante fu quella di un’ambientazione che potesse ricordare la Palestina. La decisione cadde sull’Italia centro-meridionale, soprattutto Matera, nella quale Pasolini ritrovava ambienti rupestri tipici della Palestina. Fu scelta anche la Calabria: lo scenario lunare e desertico dei “calanchi” di Cutro (KR) e la spiaggia delle Castella, sul cui sfondo campeggia il castello Aragonese, in cui girò alcune scene ambientate sul fiume Giordano.


SMG: La Calabria, come altre regioni del Sud Italia, era segnata da povertà e arretratezza economica, problemi che Pasolini denunciava frequentemente nelle sue opere. Il suo interesse per le condizioni di vita dei calabresi si inserisce nel più ampio contesto della sua critica alla società italiana. Ma quali sarebbero le particolarità della Regione che hanno attirato l’interesse di Pasolini?


L’incontro di Pasolini con la Calabria avviene nel 1959, al “Premio Crotone”, istituito nel ‘52 per volontà del sindaco comunista Silvio Messinetti, riconoscimento assegnatogli dalla commissione composta da Ungaretti, Debenedetti, Moravia, Gadda e Bassani per Una vita violenta, romanzo escluso dal Premio Viareggio e dallo Strega. Pasolini giungeva in Calabria dopo la querela di Vincenzo Mancuso, sindaco della giunta DC–MSI di Cutro, per quanto Pasolini aveva scritto in La lunga strada di sabbia, reportage pubblicato dal mensile milanese “Successo” diretto da Arturo Tofanelli, esito di un viaggio compiuto al volante di una Fiat 1100, nel quale percorre la «lunga strada di sabbia», da Ventimiglia a Palmi e poi, spinto da una specie di «ossessione deliziosa», fino al comune siciliano più meridionale, per risalire infine la costa orientale e arrivare a Trieste. Giunto in prossimità di Crotone Pasolini annotava: «a un disperdersi delle dune gialle in un altopiano ecco Cutro, il luogo che più mi impressiona di tutto il lungo viaggio. È veramente il paese dei banditi, come si vede in certi western. Ecco le donne dei banditi, ecco i figli dei banditi. Si sente, non so da cosa, che siamo fuori dalla legge, dalla cultura del nostro mondo, a un certo livello». A queste parole il sindaco Mancuso rispondeva che: «La reputazione, l’onore, il decoro, la dignità delle laboriose popolazioni di Cutro sono stati evidentemente e gravemente calpestati». Questo scambio non tardò a giungere sulla stampa nazionale, soprattutto quella vicina alla Dc come “Il Popolo” e “Specchio”, ma Pasolini fece dissolvere la disputa con Una lettera sulla Calabria, pubblicata su “Paese sera” del 28 ottobre 1959, nella quale dichiarava seccamente e risolutamente: «Ho fatto come lo struzzo: non ho voluto saperne di più». Giunto a Crotone per ricevere il premio e incalzato da numerosi e accesi cutresi, chiarì ulteriormente il suo pensiero dichiarando di avere utilizzato la parola «bandito» volendo intendere: «emarginato dai diritti civili» da tutti i governi nazionali.  


Questo importante passaggio in cui la cronaca incrocia la storia, annette la vicenda ai Comizi d’amore, documentario del 1963 che Pasolini gira anche in Calabria che, in uno dei tanti viaggi nella regione, ebbe a dichiarare: «In Calabria è stato commesso il più grave dei delitti, di cui non risponderà mai nessuno: è stata uccisa la speranza pura, quella un po’ anarchica e infantile di chi vivendo prima della storia ha ancora tutta la storia davanti a se». Mentre alla città di Cutro dedica una delicata lirica in cui esalta: «la Via Longa. Ogni metro una porta». Poi, sarà nuovamente in Calabria, a Le Castella e Cutro, per le riprese del Vangelo secondo Matteo, film che uscirà poi nel 1964, nel corso delle quali il regista utilizzò oltre ad attori non professionisti, comparse scelte tra la locale popolazione contadina.


Un legame ancora più forte con la Calabria è quello dello scrittore con il borgo di Ariola, una frazione di Gerocarne, dove Pasolini, raccogliendo il malcontento della popolazione locale e le manifestazioni contro le istituzioni, contribuí economicamente (sborsando cinquantamila lire) alla costruzione di un ponte che unisse Ariola alla vicina Arena che fino a quel tempo era raggiungibile soltanto a piedi attraversando il vallone che divideva le due località. Oggi quel ponte è in rovina, ma quel gesto è ancora presente nella memoria di queli luoghi.




  1. Commissione del Premio Crotone 1959.

  2. Pasolini con Leonetti al Premio Crotone 1959.

  3. Rosario Villari, Giorgio Bassani e Pasolini, consegna del Premio Crotone 1959.

  4. Biglietto di Pasolini a Giacomo Debenedetti, 20 ottobre 1956.

  5. Verbale della Giuria del Premio crotone che decreta l'assegnazione del Premio a Pasolini e in aggiunta a Ernesto de Martino, per Sud e magia, e a Elémire Zolla, per Eclissi dell'intellettuale, 27 novembre 1959.

  6. Ricevuta del Ristorante "Girarrosto" di Crotone rilasciata a Pasolini il giorno della premiazione, Crotone 7 novembre 1959.


SMG: Durante i suoi viaggi in Calabria, Pasolini entrò in contatto con intellettuali, artisti e scrittori locali, con i quali scambiava idee e opinioni. Quali sarebbero questi intellettuali e come hanno influito nel pensiero pasoliniano?


CF: Pasolini ebbe rapporti di amicizia e professionali con diversi gli intellettuali calabresi. Tra questi Francesco Leonetti, scrittore espressionista nato a Cosenza, ma cresciuto a Bologna, il quale, insieme a Pasolini e Roberto Roversi è il fondatore della rivista “Officina”, cui partecipa anche come redattore. Leonetti recitò, nella parte di Erode, ne Il Vangelo secondo Matteo e interpretò il servo Laio in Edipo re, il marionettista in Che cosa sono le nuvole. Sua la voce del corvo di Uccellacci e uccellini e dell’oste ne I racconti di Canterbury. Fu legato a Leonida Rèpaci e il regista Mario Gallo per il quale scrisse alcuni testi per i suoi documentari. Ninetto Davoli, uno degli attori che più segna con la sua presenza la filmografia di Pasolini era di famiglia calabrese. Così come calabresi erano Margherita Caruso, la Madonna del Vangelo secondo Matteo e il partigiano Rosario Migale che interpretò San Tommaso. Tra gli altri esponenti della cultura calabrese entrati in contatto con Pasolini, si ricordano lo scrittore di Vazzano (Vibo Valenzia) Sharo Gambino e il regista e sceneggiatore vibonese Andrea Frezza che gli svelarono la realtà contadina dell’entroterra della Calabria centrale.


Più complesso e meno probabile il definire una diretta “influenza nel pensiero pasoliniano” da parte degli autori citati.


Carlo Emilio Gadda con Pier Paolo Pasolini a Capo Colonna, 1956. Fotografia del volume Pasolini e la Calabria. Atti del Convegno di Acri (24-25 marzo, 2023), Pellegrini Editore, 2024/Tutti i diritti riservati

SMG: Nominata periodicamente ma chissà se veramente letta in maniera approfondita, la poesia Pasolini Il PCI ai giovani! fece scalpore nell’Italia di allora.  La descrizione che il poeta in viaggio fece della Calabria e in particolare di Cutro potrebbe trovarsi nella stessa situazione?


CF: Il componimento (non esattamente una poesia) è ancora profondamente attuale, sebbene rivolta ad una generazione che si è dissolta ed ha perduto il sano diritto al dissenso, a favore di una sconcertante apatia e di una rievocazione postmoderna del qualunquismo. Diversi i “tempi” del viaggio di Pasolini verso Cutro, diversa la percezione del mondo e delle sue urgenze.


Le pagine di Pasolini dedicate al viaggio segnalano la necessità di ampliamento d’orizzonte e di percezione mobile, non solo fisica, che consente il viaggio, tra i mezzi di trasporto il treno ritorna più frequentemente con valenze simboliche. La Terra di Lavoro che confluirà nel volume Le ceneri di Gramsci testimonia la traversata in treno di quel territorio, tra Frosinone e Caserta, denominato geograficamente come nel titolo, in un clima culturale in cui i passeggeri sono avvertiti e definiti morti-in-vita. Tali in riferimento alla connotazione esterna al treno di un territorio di lavoro manuale, di fatica che determina chi osserva e scrive ad abbandonare l’io lirico per integrarvi la visione storica, magari attraverso riferimenti autobiografici quali il viaggio. Il treno, espressione di modernità, svela una contraddizione profonda tra la natura mortuaria dei viaggiatori e la modernità che dovrebbe riscattarli dall’oppressione. Il tema del viaggio, in un rapporto storico-geografico con il testo poetico, nell’introduzione alla Antologia della poesia dialettale riguarda anche la Calabria definita isola come la Sicilia e la Sardegna, la cui poesia di “evasione” testimonia la tensione al ritorno, verso una nobiltà paesana e familiare, dal viaggio compiuto da diplomati e laureati verso un’Italia corrotta, burocratica e cattiva. Questa Calabria, come il treno, è abitata da una temporalità sospesa, esclusa dal mondo metastorico della natura e i suoi abitanti, come i viaggatori sottoproletari, sono morti alla storia, privi di riscatto. Pasolini si contrappone al sottoproletariato con il quale viaggia in treno attraverso la Terra di Lavoro per la sua condizione di letterato, così come da letterato affronterà il viaggio verso la Calabria per recarsi alla manifestazione del Premio Crotone. L’area del crotonese, epicentro di lotte contadine e occupazione delle terre nel dopoguerra, esprimeva anche l’unica realtà industriale, sin dagli anni Venti, in un territorio ad economia agricola.


SMG: La Calabria e il Sud Italia in generale sono presenti nella produzione poetica e letteraria di Pasolini. C’è alcuna poesia o saggio paradigmatico per il contesto calabrese?


CF: Nell’introduzione dell’Antologia dedicata alla poesia dialettale calabrese (prima sezione di Passione e ideologia del 1960), la Calabria viene definita «isola» al pari della Sardegna e della Sicilia. Pasolini sostiene che «La poesia calabrese è allora una poesia di “evasione”: un ideale ritorno a una “nobiltà”, paesana e familiare, da un ideale viaggio compiuto dai diplomati o laureati calabresi per un’Italia burocratica, corrotta, cattiva […] la Calabria ha conservato ugualmente intatto il sapore dell’epoca più antica: sì che, dicono, è possibile in Calabria afferrare come un brivido nell’aria il sapore della preistoria». Per Pasolini, la scelta del dialetto non evocava la purezza di un mondo percepito come immacolato ma segnava una immediata valenza politica, antifascista avversa ad una società che esiliava i dialetti quali espressioni barbariche.


SMG: Pasolini vedeva il Sud, e in particolare la Calabria, come una metafora della resistenza contro la modernità omologante. Per lui, le tradizioni e le culture locali del Sud erano un baluardo contro la perdita di identità e valori che accompagnava il progresso economico e tecnologico del Nord Italia. Com’è la Calabria di oggi?


CF: Per alcuni aspetti identica, per altri differente da quella tratteggiata da Pasolini.


Intervista a Carlo Fanelli, curatore del volume Pasolini e la Calabria, a cura di Silvia M.Gutiérrez, Città Pasolini, 11 giugno 2024.



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