Non vi è migliore introduzione alla poesia pasoliniana che la sua voce, il desiderio di verità e il suo ostinato e doloroso laboratorio. La ricerca di una parola che possa lacerare il sipario della rassegnazione.
Ennio Morricone doveva scrivere un pezzo da inserire nel disco commemorativo per le celebrazioni di Roma Capitale: era il 1970 e se ne festeggiava il centenario. Il musicista chiese a Pasolini di scrivere un testo per poi inciderlo con la sua voce, e questo avvenne in un disco RCA, realizzato, pubblicato e presto scomparso.
Che Roma fosse città coloniale
dove venire in vacanza
Ne dimorarono molti, poeti non socialmente determinati
liberi dalla burocrazia e con un po’ di paura della polizia;
né mancarono i bei soli, in questo secolo:
ciò che scompariva dava un breve dolore,
l’unico vero dolore era nei sogni; nei sogni in cui pareva
di essere costretti a lasciare questa città per sempre!
Non si piange su una città coloniale, eppure
Molta storia passò sotto questi cornicioni
(col colore del sole calante)
e fu spietata;
fu una scommessa tra i fascisti e i liberali:
inaspettatamente questi ultimi, imbelli e anche un po’ buffi,
(meridionali delicati di fegato)
l’ebbero vinta. I forti furono battuti;
molta storia passò all’ombra dei Ministeri,
ma che lacrime fossero sparse in sogno per questa città
ciò sa di miracoloso, è quasi incomprensibile;
lacrime violente, che parevano sparse sul cosmo;
le lacrime degli addii alle partenze senza ritorno
Poi ricominciava la vacanza
e una sete insaziabile di solitudine
Molta storia passò su questo asfalto
e lungo i muretti di pietra, insensibili al sole d’agosto,
molta storia. I vecchi parlamentari onestamente
con solennità sedentaria
ripresero il loro posto, or ridenti or severi
verso i loro elettori, condividendone la pace col mondo:
a ognuno il suo realismo!
Avevano vinto la scommessa nel Settentrione eroico
nel Meridione segreto
e un sorriso popolare o una serietà piccolo borghese
Insomma la ritrovata dignità
riportò pellegrinaggi di poeti liberi da classe sociale,
senza obblighi né orari
sì che dopo il pianto, la cosa più incredibile
fu quel desiderio di solitudine,
che dava una felicità completa e tenuta tutta per sé.
Gli occhi che avevano pianto in sogno
ora guardavano
senza limiti di tempo o scadenze,
con pomeriggi o notti intere davanti,
in cui non accadeva che ciò che la storia dimenticava.
Oh, certo, non fu serio;
fu una vacanza
Tutto doveva poi essere ragione di rimprovero;
Roma fu sede di nuove battaglie.
Da dove erano discesi questi barbari?
Be’, erano nati qua, a via Merulana, a piazza Euclide,
a Centocelle: e infatti bastava che impallidissero un po’
ed ecco le facce dei loro padri, o sconfitti o vittoriosi,
ma tutti perduti nel passato in cui le lacrime non contano
e il desiderio di solitudine non è serio;
la storia ricominciò a passare,
ma ai posteggi verso le quattro del pomeriggio c’era calma e sole
dietro al Quadraro i prati erano deserti.
(aprile 1970)
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