Pier Paolo Pasolini. Etna, Sicilia. Riprese del film "Porcile" (1969) © Salvatore Tomarchio/Riproduzione riservata
Sono sull'Etna. Piove, nevica, passa la nebbia, splende il sole. Torna a piovere, torna a nevicare, torna a passare la nebbia, torna a splendere il sole. Ho, con tre dei protagonisti del film che devo cominciare a girare, i seguenti dialoghetti.
Pasolini: Cos'è il cinema, Niné?
Ninetto Davoli: Il cinema è il cinema.
Io: Lo dice anche Godard, lo sai?
Ninetto: Godard è un uomo intelligente.
Io: Soltanto intelligente?
Ninetto: E poi è uno che mi piace.
Io: Perché?
Ninetto: Perché è uno che potrebbe essere un amico mio... uno che potrebbe essere dei paraggi miei... Un uomo semplice...
Io: Cosa intendi per uomo semplice?
Ninetto: Un manovale che va sempre al lavoro...
Io: Godard un manovale?
Ninetto: Sì, perché mi piace.
Io: E i suoi film ti piacciono?
Ninetto: Sì, mi piacciono a vederli...a guardarli... quei film... Però se devo dire che li capisco fino in fondo, no. Mi piace guardarli perché quando vedo i suoi film vedo lui.
Io: Allora il cinema è il cinema. E il teatro? cos'è?
Ninetto: Il teatro è il teatro. Per me tutto è semplice.
Io: Che differenza c'è fra un uomo nella realtà e lo stesso uomo rappresentato al cinema o al teatro?
Ninetto: Niente, nessuna differenza.
Io: Allora realtà, cinema e teatro sono la stessa cosa?
Ninetto: In un certo senso... sì... sono la stessa cosa... solo che lì l'uomo lo vedi in persona, e al cinema lo vedi sullo schermo, e al teatro sul palcoscenico.
Io: Tu sei un ragazzo della realtà, sei un attore di cinema, e adesso anche un attore di teatro. In quale di queste tue forme ti senti più vero?
Ninetto: Sul teatro.
Io: (Te l'ho sempre detto). E perché?
Io: Allora vorresti che con te facessi, nel film che stiamo per girare, dei lunghi piani sequenza?
Ninetto: Eh, così sarebbe meglio...
Io: E invece io fraziono l'azione, in tante brevi sequenze, primi piani, figure intere, campi lunghi. Ossia raccolgo ogni espressione e ogni gesto, si può dire, in una sola inquadratura. Perché, secondo te, faccio così?
Ninetto: Mica lo fai per riempire il film... Lo fai per rendere le cose più vere.
Io: Allora le azioni più vere, non sono, come dicevi prima, quelle continue, ossia quelle della realtà o del teatro?
Ninetto: Mo' le fai troppo complicate le cose, a Pa...'
Io: Ti piace il titolo del film che stiamo girando: Porcile?
Ninetto: Mi piace sì, mi piace. Perché so la storia e mi piace.
Io: I fascisti ecc., fanno delle gran risate, non perdono l'occasione di scrivere delle spiritosaggini su questo titolo, senza il minimo ritegno...
Ninetto: Perché si devono fare delle risate, a Pa.? Alla fine resteranno fregati loro.
Io: E perché?
Ninetto: Perché alla fine non potranno più ridere.
Io: Tu sei terribilmente uguale sia nella realtà che nel cinema. E nel tempo stesso, sei terribilmente diverso. Come lo spieghi?
Pierre Clementi: Perché più entro in me stesso, e più incontro cose che non conosco. Perciò quando sono davanti alla macchina da presa, io sono "io stesso in ricerca". C'è molta differenza, d'altronde, tra realtà e cinema: perché il cinema è uno dei tanti mezzi per rappresentare la realtà. Con un film si può ricostruire un mondo: nella realtà è più difficile. Tuttavia il cinema è uno degli strumenti che possono ricondurre gli uomini alla realtà.
Io: Perché tu pensi che gli uomini non vivano nella realtà?
Pierre: Sì, sì, ma io penso che la televisione e tutte le altre istituzioni (diciamo: mass media) allontanano l'uomo dalla realtà...
Io: Franco Citti dice che realtà è purezza.
Pierre: Sì, è vero, ma il tempo distrugge la purezza. Il cinema esercita molte funzioni: purché un film eserciti la funzione della purezza... Per fare del cinema puro bisogna prendere della gente pura. Cosa che non fa certamente il cinema commerciale...
Io: E cosa rappresenta allora il cinema commerciale?
Pierre: É una pillola di sonnifero. É fatto per una società occupata a digerire. É fatto da uomini volgari che credono gli altri volgari.
Io: Quale sarebbe il tuo modo ideale per fare il cinema?
Pierre: Fare un viaggio che ha nel fondo la vita e la morte. Per esempio, partire con una équipe di uomini che hanno gli stessi bisogni, le stesse aspirazioni ecc., e arrivare a fare una creazione così forte da superare la realtà...
Io: Verso dove?
Pierre: Bene. L'uomo fa il suo viaggio solo: e ciò è la realtà. Dio, patria, famiglia ecc., cioè le abitudini, sono la colpa di questa solitudine. Restano allora due soluzioni: o prendere un fucile e sparare o prendere una macchina da presa e fare del cinema: così si va al di là della solitudine.
Io: Cos'è il cinema?
Franco Citti: Il cinema è il cinema.
Io: E cos'è la realtà?
Franco: Quella che esiste solo nei puri.
Io: E tutto il resto cos'è?
Franco: É ingiustizia.
Io: Il cinema rappresenta sempre la realtà?
Franco: Io penso che rappresenti, in generale, l'ingiustizia. Perché i registi puri sono pochi.
Io: Tu in quale realtà vivi? Nella realtà che è nel cuore dei puri o nella realtà che è ingiustizia (e che Elsa Morante e io chiamiamo "irrealtà")?
Franco: Io vivo nella realtà che è nei cuori dei puri, ma sono costretto anche a vivere
nell'ingiustizia.
Io: E che differenza c'è fra te nella realtà e te nel cinema?
Franco: Ma... io immagino che il cinema sia un guadagno, e la realtà mia sempre purezza...
Io: Ma che uomo puro sei, se fai il cinema per guadagnare?
Franco: E gli altri perché lo fanno?
Io: Ma gli altri non pretendono di essere puri.
Franco: E infatti io non ho mai guadagnato...
Io: Così però ti contraddici...
Franco: Ma io, mi voglio contraddire.
Io: Formuliamo allora la questione in modo più concreto: sei più "vero" in quanto Franco Citti oppure in quanto Accattone o Edipo?
Franco: In quanto Franco Citti.
Io: Forse perché Franco Citti è più contraddittorio di "Accattone"?
Franco: Mi contraddico proprio perché è ho fatto del cinema.
Io: Quando hai fatto "Accattone", dunque, eri tutto nella "realtà che è nel cuore dei puri", facendo del cinema sei entrato anche nella realtà che è "ingiustizia": è così?
Franco: Io dico che facendo "Accattone" non ho fatto un solo film, ma ne ho fatti due: io l'ho fatto con il cuore e Pasolini con la fantasia. Col cuore, io, cioè all'insaputa di quello che io ho fatto: per inesperienza di cinema. Mentre la fantasia è l'esperienza che hanno gli artisti.
Io: Allora io ti ho usato per la tua realtà (inconsapevole di se stessa, e, come hai detto, appartenente al mondo dei puri): ma le azioni di Accattone (sfruttare donne, rubare ecc.) sono azioni pure, nel senso che tu dici?
Franco: Purezza è una cosa aperta... libera... Vi possono far parte anche lo sfruttare donne o il rubare...
Io: Perché pensi che i fascisti e i borghesi si siano tanto accaniti contro un personaggio "reale" (puro) come Accattone?
Franco: Ti posso dire solo una cosa: io non so cosa significa la parola "fascista", anche dopo avere tanto sofferto per colpa dei fascisti.
Io: Tu prevedi che dovremo soffrire anche per colpa di Porcile?
Franco: Sì, perché i fascisti vivono in quella realtà che è ingiustizia.
Pier Paolo Pasolini "Dialoghetti" sul cinema e il teatro" n. 48 a. XXX, 23 novembre da "Il caos" (1968)
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