Di ritorno dalla Scandinavia, Pasolini fece tappa a Parigi il 31 ottobre 1975; fu ospite del programma “Dix De Der” trasmesso dalla Tv francese Antenne2. L’intervista fu realizzata in occasione della presentazione in Francia del suo ultimo film Salò o le 120 giornate di Sodoma. L’intervista, fino ad allora inedita in Italia, è stata presentata il 12 dicembre 2005, alle ore 18, all’Auditorium Parco della Musica di Roma.
L’intervista a Pier Paolo Pasolini di Philippe Bouvard. “Dix de Der” – Antenne 2. 31 ottobre 1975
- Lei pensa che i cineasti si siano spinti oltre… - No, i cineasti no. Forse i produttori di pellicole cinematografiche.
- Quando uscirà il suo ultimo film Le 120 giornate di Sodoma, pensa che scandalizzerà ancora una volta? - Io penso che scandalizzare sia un diritto, essere scandalizzati un piacere. Chi rifiuta il piacere di essere scandalizzato è un moralista, è il cosiddetto moralista.
- Il sesso è politica? - Naturalmente.
- E la scatologia? - Anche la scatologia è politica. Non c’è nulla che non sia politico.
- E il cannibalismo? - In certi ambienti è un fatto politico reale. In altri un fatto politico metaforico.
- Lei crede che sia il modo migliore per sbarazzarsi dei propri nemici politici?
- Ho fatto proprio in questi giorni due modeste proposte alla maniera di Swift. Ho proposto di divorare gli insegnanti della scuola dell’obbligo e i dirigente della televisione italiani. Sono coriacei. Abbiamo dei buoni stomaci.
- Ha sempre lo stesso odio per i borghesi e la borghesia? - Non si tratta di odio, è qualcosa di più e di meno. Devo piuttosto rinunziare a questa specie di odio perché in Italia sono tutti diventati borghesi.
- Quando sono i borghesi a decretare il successo di un suo film, la rende triste saperlo? - Non succede mai che siano dei borghesi a decretare il successo di un mio film. Sono le élites borghesi, quelle a cui io stesso appartengo.
- Perché oggi non è più militante? - In che senso?
- Non è più militante politico. - Lo sono più che mai. Non sono mai stato iscritto ad un partito politico. Sono un indipendente di sinistra e continuo a militare più che mai.
- Prova mai nostalgia dei tempi in cui la gente la insultava per strada? - Mi insultano ancora.
- E lei prova un certo piacere? - Se non lo rifiuto è perché non sono un moralista.
- Quale qualifica professionale preferisce? Poeta, romanziere, dialoghista, sceneggiatore, attore, critico, regista? - Nel passaporto c’è scritto semplicemente scrittore.
- Perché ha circondato le riprese delle 120 giornate di un grande mistero? - E’ stato girato nel mistero perché così si opera bene, nel mistero. Ho cercato di difendermi più di altre volte perché c’erano dei pericoli immediati, incombenti, niente di speciale.
- Cosa intende per pericoli immediati? - L’apparire di qualche moralista che richiede di essere scandalizzato.
- Lei pensa che sia stata quella di Salò l’epoca della grande decadenza? - E’ stata la decadenza del periodo hitleriano, non certamente quella del grande capitalismo occidentale.
- In questo film un centinaio di ragazzi e ragazze vengono sottoposti a trattamenti particolarmente crudeli, a supplizi e oltraggi. Come li ha scritturati questi cento ragazze e ragazzi? - Per la verità ho seguito i numeri che per Sade sono magici, il numero quattro. Le vittime sono in tutto una ventina, non un centinaio. Per sceglierli ho semplicemente fatto come per tutti gli altri film: ho incontrato migliaia di persone e ho scelto quelle che mi sembravano ideali.
- Ci sono attori masochisti? - Se li ho scelti, vuol dire che lo sono.
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